RSA, visite troppo spesso ancora non garantite. Il comitato dei parenti: «Vogliamo incontrare Speranza»

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«All’incontro dell’8 giugno ci auguriamo di poter parlare con il Ministro Roberto Speranza. Lo Stato ha abbandonato le fragilità di questo Paese in mano ai privati e noi parenti siamo sotto scacco». È molto amareggiata Claudia Sorrentino, rappresentante del Comitato di lotta Rsa/rsd aderente al CONPAL (Coordinamento Nazionale Parenti Associazioni Lavoratrici/ori delle RSA/RSD/RSP), da tempo impegnata nella sua battaglia per la cancellazione delle restrizioni per le visite dei parenti degli ospiti delle RSA: un diritto, quello alle visite, che è stato letteralmente cancellato dal Covid e che ancora oggi, finito lo stato di emergenza, fatica ad essere ripristinato.

Una lotta che lo scorso 30 maggio l’ha portata, insieme ad altri familiari, a protesta a lungotevere Ripa sotto la sede del ministero e in altre città italiane come Torino, Milano, Venezia, Perugia, Bologna, Firenze: alla fine è stato strappato un incontro fissato per il prossimo 8 giugno.

Il problema riguarda in primis i tanti anziani che popolano le Rsa (gran parte delle quali sono private in sistema di convenzione) ma che tocca anche tanti giovani disabili che risiedono in queste strutture.

«Ripristinare il diritto di visita senza discriminazioni»

Tra le richieste la principale c’è quella di ripristinare il diritto di visita senza nessuna discriminazione: «L’8 giugno – spiega Sorrentino a Sanità Informazione – diremo al governo che vogliamo delle linee guide nazionali, che venga tolta la discrezionalità sull’accesso ai direttori delle RSA e che l’affetto, le relazioni, il contatto fisico sono parte integrante della cura e non possono essere cancellati».

Da anni queste persone vivono in una situazione di grande disagio: «Le visite – continua Sorrentino – sono ostacolate per i parenti. La maggior parte delle strutture adottano degli orari che sono proibitivi per chi lavora: il sabato e la domenica non fanno entrare così come i festivi. Le visite vanno prenotate e benché il governo abbia dato indicazione di farle durare 45 minuti, che comunque sono già poche, molte strutture concedono al massimo 30 minuti. Inoltre, spesso le strutture non fanno entrare negli orari in cui somministrano i pasti. C’è anche il problema del vaccino Covid: chi ha la terza dose non deve fare il tampone, chi ha la guarigione deve fare il tampone e spendere 15 euro. Chi non ha il Green pass non può entrare neanche con il tampone negativo».

Per Sorrentino «così non si rispettano i diritti umani e la possibilità di cura: senza noi le persone perdono il senso della vita. C’è abbandono e solitudine. Le terapie occupazionali non esistono, a volte neanche la fisioterapia. Il personale non si può fermare con loro a dialogare perché c’è il minutaggio: ogni malato ha un tot minuti a disposizione, l’operatore non può fermarsi di più altrimenti c’è il richiamo disciplinare».

L’emendamento al DL Rilancio

Eppure con il Decreto Rilancio la situazione sembrava avviarsi verso una soluzione: grazie a un emendamento ora i direttori sanitari devono giustificare le restrizioni al Dipartimento Prevenzione dell’Asl locale. «Ma è un meccanismo che non funziona – spiega Sorrentino -. Noi tutti abbiamo chiesto alle direzioni sanitarie i motivi per cui ci sono ancora restrizioni. Ma nessuno ha risposto e abbiamo visto che le Asl sono immobili: quelle poche che si sono mosse non hanno ricevuto risposte».

La scelta di lasciare un affetto nelle RSA resta sempre difficile: «Noi non possiamo scegliere l’assistenza domiciliare perché di fatto non esiste. I nostri cari ci lasciano le pensioni là dentro, ma nonostante questo sono di fatto in carcere» aggiunge la rappresentante dei familiari.

Ad aggravare il senso di frustrazione e di impotenza c’è spesso la difficoltà per i familiari di essere accanto ai loro cari, anche laddove le visite vengono garantite: «Non ci fanno entrare nelle stanze, non ci fanno vedere dove vivono. Molti di loro hanno deficit cognitivi e l’unica cosa che conta è essere loro vicini nella quotidianità della giornata».

Ora la questione sbarca al Ministero della Salute, anche se i manifestanti non escludono di chiedere un incontro anche al presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga: «Se l’8 giugno non si conclude niente, andremo a manifestare anche sotto la conferenza delle Regioni» annuncia Sorrentino.

 

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