Suona Jingle Bells in sala operatoria mentre il neurochirurgo gli asporta un tumore cerebrale

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L’asportazione di un tumore cerebrale mentre il paziente suona uno strumento musicale potrebbe sembrare un evento straordinario; invece, quanto accaduto all’ospedale di Cremona nei primi giorni di dicembre è ormai una routine. Il merito va al dottor Antonio Fioravanti, primario del reparto di Neurochirurgia, e alla sua équipe che, con il musicista impegnato a suonare Jingle Bells in sala operatoria, ha tagliato il traguardo dei 30 interventi realizzati con questa modalità.

«Un successo che va attribuito a tutta la squadra – tiene a precisare Fioravanti –. È una tecnica utilizzata già da qualche anno per i tumori cerebrali in area critica, ovvero dove sono alloccate le funzioni come il linguaggio, la scrittura e il movimento, perché hanno un rischio di deficit maggiore e dunque si predilige operare con un paziente collaborante, sempre che ci siano le condizioni. Nel caso specifico si è trattato dell’asportazione di un tumore cerebrale non comune (recidiva di oligodendroglioma) ad un paziente di cinquant’anni».

Non tutti i pazienti sono idonei alla chirurgia da svegli

Il punto di partenza è proprio questo: individuare il paziente in grado di reggere l’emotività del momento. «Il lavoro inizia con una serie di test che il neuropsicologo fa al paziente prima dell’intervento – spiega Fioravanti -. In questo modo si valuta il paziente da un punto di vista intellettivo, se sono presenti deficit o se ha una forma di ansia tale da rendere impossibile l’impiego di questa tecnica. Se l’esito è positivo, si sceglie di operare con il paziente sveglio». In sala operatoria poi sarà il neuropsicologo a monitorare i parametri del paziente, avendo cura di avvisare il neurochirurgo se dovessero diminuire. «Se lavoriamo su un tumore vicino all’area del movimento chiediamo al paziente di muovere la mano o la gamba, se siamo vicino all’area del linguaggio al paziente viene chiesto di dire alcune parole. Nel caso specifico, siccome il paziente è un organista, e l’area della musica è molto vicina a quella del linguaggio, nell’emisfero sinistro (essendo il paziente destrimano), abbiamo utilizzato anche la musica per capire quando ci avvicinavamo troppo all’area critica. Lui stesso ci avvisava se rilevava qualche difficoltà. Questo ci ha permesso di valutare tutte le sue funzioni per non provocare dei danni permanenti».

Anestesia dello scalpo

Durante la prima parte dell’intervento il paziente viene sedato. «Dapprima viene effettuata un’anestesia locale diffusa su tutta la testa, chiamata dello scalpo, poi si addormenta il paziente mentre quando si raggiunge la zona interessata dal tumore, viene svegliato. In questo modo abbiamo un doppio controllo – aggiunge il primario di neurochirurgia dell’Ospedale di Cremona -: oltre a quello dei test effettuati dal neuropsicologo, anche quello diretto del paziente».

«La chirurgia da sveglio permette di intervenire nell’area critica in modo da ridurre al minimo i deficit – puntualizza – l’obiettivo è di essere meno invasivi possibili, in modo da salvaguardare al meglio la qualità di vita del paziente».

Uno studio per capire l’interazione tra area del linguaggio e della musica

La prova del cinquantenne musicista è stata importante anche in funzione di uno studio che il dottor Fioravanti sta portando avanti con la sua équipe per comprendere l’interazione tra area del linguaggio e della musica.

«Alla fine, il paziente non voleva più smettere di suonare per la gioia», ammette Fioravanti. Un risultato soddisfacente per un paziente che era al suo secondo intervento. «La prima volta nel 2007 avevamo praticato un’anestesia totale perché allora questa procedura era ancora sconosciuta. A distanza di anni, invece la nuova tecnica ha permesso di operare nel miglior modo possibile e garantire un recupero post-operatorio rapido. In quinta giornata il paziente è stato dimesso».

Un successo che il primario della neurochirurgia di Cremona tiene a condividere con i suoi collaboratori: i neurochirurghi Alessandro Morandini, Emanuela Catenacci, Arias Jahard Mijail Aliaga, gli anestesisti Elena Grappa e Pietro Carpeggiani, la neuropsicologa Sara Subacchi, e ancora le strumentiste Claudia Dilda ed Erica Maestri e le infermiere Laura Carini e Ambra Zorza.

La gioia del paziente: «Non dimenticherò mai l’applauso dei sanitari»

Una gioia che ritroviamo nelle parole di E., 50 anni musicista internazionale che ha suonato in sala operatoria mentre il neurochirurgo gli asportava un tumore cerebrale: «Il dottor Fioravanti mi aveva informato e spiegato nei dettagli come si sarebbe svolto l’intervento, quindi ero relativamente tranquillo. All’inizio la neuropsicologa mi ha chiesto di muovere la mano e contare. Poi mi ha chiesto di suonare. Io sono un organista, ho fatto molti concerti in Europa, Russia e Finlandia, ma mai avrei pensato di esibirmi durante il mio intervento chirurgico – racconta il paziente -. Quando il dottor Fioravanti mi ha detto che l’operazione si era conclusa con successo non volevo più smettere di suonare. Non dimenticherò mai l’applauso dei sanitari».

 

 

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