La telemedicina sbarca in Toscana: a Gorgona il primo test in un’isola-penitenziario

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Se ci sono luoghi dove la telemedicina può rappresentare una svolta questi sono in primis le isole. Lo hanno capito, con successo, in Toscana dove l’Azienda USL Toscana nord ovest ha realizzato un progetto per portare la telemedicina in carcere all’isola-penitenziario di Gorgona, al largo delle coste livornese, primo esperimento di questo genere in Italia.

Duplice l’obiettivo: da un lato migliorare le condizioni di salute dei detenuti riducendo i tempi di attesa e migliorando le prestazioni, ma anche abbattere i costi di trasferimenti, scorte e piantonamenti piuttosto ingenti.

A raccontare a Sanità Informazione l’idea il direttore dell’area Supporto ai servizi sanitari e al cittadino dell’Asl Alessandro Iala: «Il nostro progetto è più ampio ed è articolato in tre anni: 2021, 2022 e 2023. Nel 2021 abbiamo portato la telemedicina sull’isola di Capraia e sull’isola d’Elba, coinvolgendo tutta la popolazione isolana. Nel 2022 l’abbiamo applicata negli istituti penitenziari sull’isola di Gorgona e sull’Elba nel carcere di Porto Azzurro. Nel 2023 porteremo la telemedicina in carcere in tutti gli altri istituti penitenziari: Pisa, Massa, Livorno e Volterra».

L’Azienda sanitaria si è organizzata istituendo un gruppo di lavoro dedicato, coordinato da Alessandro Iala e composto da Riccardo Orsini, Alessandro Gotti e Paolo Nasuto.

Come funziona la telemedicina su un’isola-penitenziario

Attraverso le tecnologie innovative di cui si avvale il servizio di telemedicina, sarà possibile gestire i più frequenti problemi di salute della popolazione detenuta, assicurando televisite, teleconsulti, telerefertazione e telemonitoraggio. «In pratica – spiega Iala – per evitare che il paziente venga spostato in maniera inappropriata e garantire che il medico e l’infermiere nelle isole abbiano il supporto di specialisti abbiamo adottato questo servizio che crea un collegamento tra il medico di base e i vari specialisti: il cardiologo, il neurologo, il dermatologo e altri servizi che man mano verranno implementati con lo scopo di fare una prima analisi per poi decidere se è necessario fare uno spostamento o se al contrario basta una diagnosi per fare accertamenti che possono essere fatti in regime ordinario sull’isola. Gli obiettivi sono quello di supportare il personale medico sull’isola che ha una competenza trasversale di base ed evitare spostamenti inappropriati dei pazienti che sono rischiosi essendo detenuti: c’è un forte impatto sulla sicurezza».

La sperimentazione già lanciata nel 2021 a Capraia e sull’isola d’Elba è andata molto bene. «A Capraia – racconta Iala – c’è una sola infermiera e un medico di base. Utilizzano un sistema di telemedicina dotato di telecamera per la parte dermatologica, audiovideoconferenza con gli specialisti, possibilità di fare ecografie supportate a distanze con lo specialista che segue l’infermiere o il medico che è sull’isola e lo guida. L’ecografia viene fatta da remoto audio-video assistita e quindi è più efficace. Il supporto del neurologo con l’elettroencefalogramma fatto real time a distanza con eventuale consulenza a distanza di terzo livello. È possibile fare un primo screening o anche uno screening più avanzato con ospedali di terzo livello sia per la cardiologia che per la neurologia».

Telemedicina nelle aree montane

Da questa sperimentazione la telemedicina ne esce rafforzata ed è destinata a trovare applicazione anche nelle aree interne montane più difficili da raggiungere soprattutto in inverno.

«Se la telemedicina si può applicare su un’isola e dentro un carcere su un’isola si può applicare ovunque – spiega il Dott. Iala -. Certo, abbiamo incontrato molte difficoltà logistiche, di formazione del personale, di strumentazione. Superato questo si può applicare ovunque. Abbiamo intenzione di applicarla anche negli ambiti montani dove le distanze sono importanti. Abbiamo in conto il prossimo anno di applicarla negli ambulatori con un’assenza costante di specialisti. Le possibilità di applicazione sono tante: anche nel rapporto pubblico – privato, se ci sono studi privati che hanno necessitò di rapporti con il pubblico, perché non usarla? Creare una rete mista pubblico – privato, con sedi centrali e sedi periferiche può aiutare a coprire l’intero territorio».

 

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